1. La psicoterapia cognitivo-comportamentale origina dalla combinazione di due forme di terapia:
    la terapia cognitiva (Beck, Ellis), che aiuta ad identificare i pensieri ricorrenti, gli schemi abituali di interpretazione della realtà che causano le emozioni negative, e a sostituirli con pensieri più oggettivi e funzionali al benessere della persona; questo approccio nasce inizialmente per il trattamento della depressione, in modo strutturato, breve e orientato nel presente, volto a risolvere i problemi attuali, lavorando sulle convinzioni ed il comportamento del paziente; viene poi adattato ed ampliato anche per il trattamento di una vasta gamma di problematiche, mantenendo costanti le assunzioni teoriche e modificando focus, tecnica e durata del trattamento.
  2. la terapia comportamentale (Watson), che punta al cambiamento del nostro modo di reagire a quelle situazioni che ci creano difficoltà, tramite l’apprendimento di nuove modalità di reazione (emozioni e comportamenti).

Esiste poi una cosiddetta “terza onda” della Terapia Cognitivo Comportamentale che ha contribuito a integrare all’interno della Terapia Cognitivo Comportamentale tradizionale la mindfulness e l’accettazione, insieme ad altri più moderni modelli teorici come la Schema Therapy, e la Terapia Dialettico Comportamentale.

Presupposti teorici principali

  • Le manifestazioni di sofferenza psicologica sono accumunate da modalità di pensiero sostanzialmente irrazionali o comunque poco funzionali al raggiungimento dei propri scopi. In altre parole, le nostre emozioni ed i nostri comportamenti sono influenzati da “come” noi pensiamo ed interpretiamo gli eventi, non dalle situazioni in sé. Come una sorta di “occhiale” i nostri pensieri mediano la lettura di una situazione e le conseguenze di un’interpretazione rispetto ad un’altra.
  • Il nostro modo di pensare deriva, a sua volta, da credenze o convinzioni molto profonde che abbiamo sviluppato e fortificato nel corso della nostra crescita.
  • Lavorare secondo questo modello teorico implica provare ad agire su queste convinzioni aprendosi delle nuove alternative, che possano risultare percorribili e più efficaci per il raggiungimento dei propri scopi.
  • Secondo una forma di empirismo collaborativo, terapeuta e paziente procedono come una coppia di scienziati, costruiscono e sperimentano ipotesi, testano il cambiamento dapprima il laboratorio (seduta) e poi fuori (nella vita quotidiana del paziente), ciascuno contribuendo con la propria competenza specifica: il terapeuta come esperto nelle tecniche utilizzate ed il paziente come esperto di se stesso e dei suoi vissuti.

Per riassumere, l’approccio cognitivo-comportamentale è:

  • Centrato sul presente;
  • Pratico e concreto;
  • A breve termine;
  • Orientato ad uno scopo;
  • Attivo e collaborativo, perché sia il terapeuta che il paziente giocano un ruolo attivo nella terapia;
  • Scientificamente fondato, infatti è stato dimostrato da numerosi studi che i metodi cognitivo-comportamentali costituiscono una terapia efficace per numerosi problemi di tipo clinico (disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi nella sfera sessuale, disturbi della personalità, disturbi del sonno, dipendenze, disturbi del comportamento alimentare, problemi di bassa autostima)

A chi si rivolge

La psicoterapia cognitivo-comportamentale viene utilizzata nel trattamento individuale, di coppia e di gruppo con adolescenti e adulti.